Scrittura ATTIVA

Scrittura ATTIVA

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LA FORZA DELL’AVVENIRE

LA FORZA DELL’AVVENIRE

“La preoccupazione per la propria immagine è la fatale immaturità dell’uomo. É così difficile essere indifferenti alla propria immagine. Una tale indifferenza è al di sopra delle forze umane. L’uomo ci arriva solo dopo la morte.” Milan Kundera

LA FORZA DELL’AVVENIRE“ Come gioventù senza ribellione questo tuo corpo non saprà mai chi è fino a quando non avrà dispiegato l’energia vitale e dolorosa dell’avvenire nelle direzioni che quelle spade di volta in volta ti indicheranno. Impugnale come fossero autentici portavoce del tuo istinto più sano. Ascoltane i segnali subliminali, come quando sei in attesa nel vento. Sorprendi chiunque ma soprattutto te stesso imparando ad osare, come quando sei sull’orlo di un fossato, e traccerai parabole sorprendenti con stoccate imprevedibili. E i tuoi talenti ti guideranno insegnandoti a deludere le aspettative di un mondo che vorrebbe indottrinarti per renderti uguale a tanti. Con quelle lame circoscriverai finalmente il tuo spazio essenziale, delimitando un territorio sempre più ampio entro cui sprigionare il tuo potenziale, libero nell’azione al di là di ogni pensiero. Ma devi abbandonare il passato e vivere nell’immediatezza di questo futuro che tu stesso puoi modificare assumendo le forme più cangianti dettate dalla verità della tua passione più assoluta. Assapora l’indipendenza e la gioia di una vita emozionante poiché la paura e il coraggio sono come il ‘testa o croce’ della fatidica monetina che magicamente potrebbe restare in piedi. E chissà che tu non possa davvero rimanere giovane per sempre.”

(Da ‘LA DANZA DELLE SPADE’ di Gerardo Martino – fra Grotowski, Decroux, l’antropologia teatrale e la riprogrammazione posturale attraverso l’arte del corpo – Performer Gerardo Martino, foto di Eugenio Messia)

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PENSIERI

Onestà, altroché! Uno dei più grandi insegnamenti che mi ha dato il teatro antropologico. Non di tratta solo di essere attori, ma di trascendere se stessi senza mentirsi. Così come il potere ha le sue forme edulcorate di dissenso, costruite per addomesticare gli animi che si nascondono dietro il dito, la pratica attoriale può celare un suo fare demagogico imbastito per un mero appagamento dell’ego. Si tratta invece di essere coraggiosi. C’è una zona della stanchezza che frantuma il controllo della mente. Dovunque tu stia cercando la voce, nelle scapole, nell’addome, nell’occipite o nei genitali, devi comunque perseverare nel tuo atletismo, saltando, rimbalzando, capovolgendoti o persino correndo, gridando e continuando a respirare, sostenendo il corpo ma soprattutto il diaframma che é chiamato a lavorare contro natura per appoggiare i suoni. Non puoi farti sedurre dall’ostentazione; devi superare la stanchezza per infrangere la barriera fra l’idea di te e la capacità fisica. Ma puoi farlo solo se sei te stesso in assoluto, raccontando la tua verità più oscura. É questa scomodità che ti sblocca, perché il processo creativo non é mai comodo. Ed é esso stesso una tecnica per quanto misteriosa possa apparire. É per questo che nel teatro antropologico il corpo é sempre sociale, politico e in un certo senso sovversivo. Il suo codice elementare non é infatti la parola, né la scrittura, né la nota, né il gesto, ma la vibrazione, quella capacità di rendere tangibile qualcosa di invisibile; quella ritualità che solo la prossimità relazionale, oggi così tanto demonizzata, può garantire. E come ogni forma d’arte che si rispetti non cerca il consenso né il potere, quanto piuttosto la trasversalità e le verità taciute. (foto di repertorio Le Theatre Pataphysique – Martina Franca)

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L’AMORE BAGNATO

..L’Amore non è mai eterno. L’amore è solo l’insieme di attimi di piacere infinito. L’amore è come l’insieme di gocce di pioggia. A volte accompagnate dal sereno, altre volte da un temporale. L’insieme di attimi che ci fanno sognare al di là della nostra vita quotidiana. Ma sono attimi di amore che, anche quando non piove, ci fanno sentire bagnati…

da “ANGELI E CATRAMA” di Raffaele Agrusta

foto Elina Semeraro

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In una stanza buia in piena notte

Il mio primo incontro con Giovanna Bemporad avvenne quando ero appena sedicenne, portai a lei alcuni miei scritti teatrali. Mi accompagnò il mio amico Mario che insisteva nel volermela far conoscere. Così fu, mi presentò a lei. Era notte fonda, la sua figura scura, determinata dal suo abituale vestire in nero, in quel salotto illuminato da una luce fioca, non mi turbò, anzi, mi rese felice. Il nuovo e apparentemente bizzarro mi affascinava profondamente. Mi lasciai accarezzare da una nuova emozione. Ero entrato in una stanza buia in piena notte, ero entrato nel motore dei suoi pensieri. La sua diversità mi affascinò all’istante. Giovanna la percepii immediatamente come un mimo immerso nel buoi. Il suo grande sorriso mi tranquillizzò lasciandomi vedere, per la prima volta, le parole parlate, illuminate da quel suo suono di voce elegante. Leggeva incuriosita, e a tratti, levando gli occhi dal mio manoscritto, osservava le mie emozioni che trasparivano dai miei occhi e dalle mie guance arrossate. Nonostante la differenza di età, e statura culturale, mi face sentire un po’ suo pari…. (continua)